L’Italia prevede di aumentare il proprio debito pubblico fino al 2026 e spera di iniziare a ridurlo a partire dal 2027, secondo le previsioni del piano di bilancio a medio termine, che prevede un tasso di crescita della spesa primaria di circa l’1,5% nei prossimi sette anni.
Sabato il Ministero dell’Economia ha riferito anche il piano di bilancio strutturale “Ha una linea responsabile ed è coerente con l’azione del governo”.Il suo obiettivo è quello di “aumentare il rapporto deficit/PIL al 3,3% nel 2025 e al 2,8% nel 2026, il che ci consentirà di uscire dalla misura del disavanzo eccessivo”.
Il debito per il 2024 è stimato al 135,8% del Pil, un punto percentuale in più rispetto al 2023. Si prevede che crescerà al 136,9% nel 2025 Raggiunge il 137,8% nel 2026, per poi diminuire leggermente al 137,5% nel 2027.
Ciò è dovuto ai costi aggiuntivi del regime di aiuti alla ristrutturazione degli alloggi, noto come “Superbonus”, attuato dallo Stato negli anni della pandemia di coronavirus.
L’Italia – la terza potenza economica dell’UE – ha un debito elevato, il secondo più alto dell’Eurozona in percentuale del PIL.
Ieri è stato presentato il piano finanziario Venerdì, davanti al Consiglio dei ministri, sarà presentato dal responsabile dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, e sarà presentato al Parlamento per l’approvazione definitiva.
È stato preparato utilizzando gli ultimi dati economici dell’Istituto nazionale di statistica italiano (Istat) per settembre e dopo aver consultato le parti sociali.
“Il piano conferma il percorso della spesa primaria netta per i prossimi sette anni, Con un tasso di crescita medio prossimo all’1,5%”, sottolinea la rivista Economia.
Secondo il Ministero, “i tassi di crescita attesi per la spesa primaria netta sono: 1,3% nel 2025, 1,6% nel 2026, 1,9% nel 2027, 1,7% nel 2028, 1,5% nel 2029 e 1,1% nel 2030”. 1,2% nel 2031.
Il piano è disponibile online”.Con la determinazione del governo nel migliorare la competitività dell’economia italiana, “Promuovere la crescita sostenibile e contrastare il declino demografico”, conclude Economia, e valuta di “intensificare gli sforzi per recuperare le entrate fiscali”.
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