La Spagna è la patria degli espatriati

La Spagna è la patria degli espatriati

La Spagna di oggi è, per molti spagnoli, una casa solo per espatriati, una terra dove la democrazia è minacciata per la prima volta dal periodo di transizione.

Una democrazia fallita che rifiuta la regola base della separazione dei poteri, la magistratura, vuole essere controllata da un leader che affonda gli zoccoli nella parte peggiore della storia che abbiamo subito, la guerra civile, usata per separare il Collegio Elettorale e legittimare un sinistra pre-democratica, che gode del sostegno dei partiti indipendentisti, che promuovono le disuguaglianze regionali.

Democrazia in mano a politici incapaci di ridurre la disoccupazione (Eurostat 2021, 13%, senza tener conto di quelle fisse e intermittenti, contro il 7,1% dell’area euro e il 6,5 dell’Ue); abbandono scolastico (Eurostat 2020, il 16% dei giovani spagnoli di età compresa tra 18 e 24 anni non ha completato la scuola secondaria, la media comunitaria è del 9,9%); numero di politici (400.000 tra consiglieri e trust, contro i 200.000 di Francia e Italia e poco più di 100.000 tedeschi, secondo The Economist.); Né il debito pubblico è 120 in Spagna contro 85,8 nell’eurozona (nel 2020 rispetto al PIL secondo Statista).

con una testa Sanchez che hanno svolto la sua tesi di dottorato, motivo sufficiente per costringerlo a dimettersi in qualunque Paese a democrazia avanzata, che ha avvelenato e messo al suo servizio, la maggior parte delle istituzioni dello Stato: la Corte dei Conti, il Consiglio Generale della Magistratura, la Corte Costituzionale, l’Ufficio del Procuratore di Stato, l’Istituto Nazionale di Statistica, il Centro di Ricerca Sociale, del Patrimonio Nazionale e la Televisione Spagnola, che stabilisce leggi per pagare i voti ai loro partner di governo (riforma del Codice Penale) e che fanno ricorso all’ergastolo per settarismo e violazione della libertà di stampa.

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Tutte queste manifestazioni di tirannia, in un presidente che ha chiuso, illegalmente, due volte la Camera dei deputati, e governa con decreto legge (emesso il 133), e ha lanciato ininterrotte cortine fumogene per evitare di toccare temi di interesse della cittadinanza e quelli. A causa della sua cattiva gestione, con l’aumento del costo della vita (paniere della spesa, benzina, gas, comunicazioni, tasse, prezzi delle case), con il deterioramento della sanità, della sicurezza, dell’istruzione e dei servizi sociali e con la perdita di immagine e influenza come un Paese nell’arena europea e internazionale.

Osserviamo dall’esterno come nel nostro Paese stia emergendo sempre più una società del confronto politico, con il controllo dei media audiovisivi da parte dell’esecutivo, la perdita dell’autonomia professionale da parte dei giornalisti e l’emergere di abbienti fare e cittadini emarginati. Di fronte alla deriva autoritaria della nostra politica, visto che la scuola e l’università non producono persone libere, con diritti e doveri, e con capacità di analisi e consapevolezza che il pericolo del momento in cui ci troviamo richiede il loro impegno personale pulire. Elevare il livello della vita pubblica e promuovere l’etica in politica, con sufficiente preparazione e competenza per affrontare le sfide che si presentano.

Insomma, ci manca un Paese che guardi politicamente al futuro piuttosto che al passato, e che sia in grado di fornire un’educazione che ci porti fuori dai livelli di mediocrità che presentiamo nei rapporti PISA 2018, (uno dei Paesi dove la tecnologia e i dispositivi digitali sono meno incoraggiati e utilizzati nell’insegnamento e che sia le scienze (483) che la matematica (481) sono al di sotto della media, non la migliore, dei paesi OCSE (489).

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Un Paese che incoraggia l’imprenditorialità e la creazione di imprese e mette fine all’ideale del lavoro, nei giovani, di essere un dipendente pubblico, impegnato nella creazione di posti di lavoro, e dove le amministrazioni pubbliche non sono i principali datori di lavoro in molte città, paesi e città.

Un Paese dove si rispetta il gioco democratico e la divisione dei poteri, senza ingerenze politiche, e dove si raggiungono accordi, non consensi, a favore della grande maggioranza, dove la giustizia è rapida ed efficace, dove il merito e la speranza sono lotterie, dove il controllo variabili, liste corrono, e dove ogni voto ha lo stesso valore, e dove la rappresentanza è minimo del 3% in tutto il Paese per arrivare al Congresso, e dove i rappresentanti sono obbligati ad ascoltare e confrontarsi con i cittadini nelle loro circoscrizioni.

Un Paese attento all’ambiente, con budget e potere per attrarre espatriati, per costruire cose che funzionano meglio in altri Paesi, e dove la pratica della politica come professione viene abbandonata e diventa un servizio pubblico che non può vivere più di otto anni. Quindi forse la Spagna smetterà di essere un luogo sempre più esotico e una patria lontana che produce espatriati.

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