Italia: le difficoltà della Meloni a trovare il ministro dell’Economia | internazionale

La nave è ancora in alto mare, dicono coloro che dialogano in questi giorni con chi circonda Giorgia Meloni, il futuro capo del governo italiano. L’elezione dei ministri è ancora lungi dall’essere completata. Alcuni di quelli segnalati dal leader della coalizione di destra in rosso per le cariche più importanti, come il Ministero dell’Economia, hanno già rifiutato questa possibilità. Questo giovedì si formeranno i consigli, i rappresentanti si insedieranno e verranno nominati i presidenti. Tecnicamente si tratta dell’inizio ufficiale di una legislatura storica che renderebbe l’Italia il primo Paese fondatore dell’Unione Europea con un esecutivo guidato dall’estrema destra. Ma la formazione del governo procede un po’ più lentamente di quanto tutti i partiti avessero sperato all’indomani delle elezioni. Meloni, che mercoledì ha ricevuto il sostegno popolare del segretario di Stato vaticano Pietro Parolin, sarà primo ministro. Il resto, compresa la data esatta del giuramento, resta una vaga ipotesi.

L’autorità legislativa inizia con la distribuzione della seconda e della terza posizione nello Stato: rispettivamente la presidenza del Senato e la Camera dei Rappresentanti. Il primo, molto probabilmente, sarà il braccio destro e stratega della Meloni, Ignazio La Rossa (cancelliere Ignazio Benito). Uomo di grande fiducia da parte del leader di Fratellanza d’Italia, ha un passato nella gioventù postfascista e nel movimento sociale italiano – suo fratello, consigliere comunale in Lombardia, è stato fotografato un mese fa mentre faceva il saluto fascista – ed è stato anche l’ex ministro della Difesa di Silvio Berlusconi. La presidenza del Senato, secondo la ripartizione della coalizione, spetterà alla Lega. Matteo Salvini vuole che questo premio vada a Riccardo Molinari, uomo leale e difensore di spicco di un’Italia autonoma (contrariamente a quanto sostengono i fratelli italiani). Questa è la prima foto della giornata.

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Quanto al secondo scenario, che è il più desolante, Silvio Berlusconi ne sarà l’eroe. Il tre volte primo ministro e proprietario di Mediaset assumerà la carica di senatore nove anni dopo essere uscito dalla porta di servizio di quella camera quando fu squalificato per frode fiscale ed espulso dal Parlamento. La disgrazia del proprietario di Mediaset è stata enorme, e il suo ritorno al Senato rappresenta per lui la fase finale della sua riabilitazione come politico e uomo d’affari da parte dei suoi elettori in diminuzione. Tuttavia Berlusconi non ha abbandonato alcuni dei tic nel suo stile di fare politica che lo hanno portato a questa situazione.

Distribuzione del portafoglio

I partner della coalizione non si sono ancora accordati sui nomi del prossimo potere esecutivo. Il partito Forza Italia, socio di minoranza, chiede in questi giorni il portafoglio di giustizia per un esponente della sua formazione, epicentro della guerra che il suo fondatore ha gestito negli ultimi decenni, perseguendo scandali sessuali, economici e penali. È ancora pendente il processo contro Berlusconi per l’accusa di prostituzione minorile, che egli ha rinviato, sostenendo di non aver potuto presenziare alle udienze per motivi di salute. Inoltre il proprietario di Mediaset avrebbe chiesto anche il controllo della televisione pubblica del suo partito. Una doppia attribuzione che ben si sposa con tutti i suoi vecchi interessi di imprenditore. La Meloni per ora non ha ceduto a nessuna delle due richieste.

Il resto delle borse rimane un mistero. Soprattutto per quanto riguarda l’economia, che avrebbe potuto già essere licenziata da due eminenti tecnici: Fabio Panetta, attuale cancelliere della Banca centrale europea, e Daniel Franco, attuale capo del suddetto ministero. Entrambi lottano per diventare il prossimo governatore della Banca d’Italia e vogliono evitare una situazione infiammabile. Per quanto riguarda il terzo nome in questione, anche l’economista Domenico Siniscalco, che era già ministro in questo campo sotto Berlusconi, non sembra qualificato per il compito di assumere la guida di un ministero molto importante quando l’Italia si trova ad affrontare una recessione.

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Sapere cosa succede fuori è capire cosa succederà dentro, non perdersi nulla.

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Mercoledì Meloni si è difeso da questa presunta lentezza sui suoi social: “Sento molti giornalisti scandalizzarsi perché io non sono ancora riuscito a formare un governo, mentre Draghi lo ha fatto in 10 giorni. Dobbiamo ricordarcelo il presidente della Repubblica non ha ancora emesso l’ordine né “Chiunque può formare un potere esecutivo oggi, e quando lo riceveremo, state certi che non perderemo un solo minuto, ma il calendario non è ancora chiaro”.

Da venerdì il presidente della Repubblica potrà avviare le consultazioni con i partiti politici e con i presidenti delle due Camere. Solo dopo quella fase potrà incaricare la Meloni di formare il governo e tornare con una lista di ministri che lui stesso dovrà approvare. Il problema è che il 20 e 21 ottobre si riunirà il Consiglio europeo, al quale Mario Draghi dovrà comunque presenziare in qualità di primo ministro uscente, e tutto indica che sarebbe istituzionalmente scorretto farlo mentre il capo del governo è fuori dai giochi. Paese. Italia. In linea di principio, tutte le fonti consultate indicano che la formazione dell’organo esecutivo non potrà avvenire prima del fine settimana del 21 ottobre. La situazione ideale – per evitare problemi come quello accaduto nel primo governo di Giuseppe Conte, quando il capo dello Stato bocciò la proposta del ministro dell’Economia – è chiudere la lista dei ministri prima di ricevere l’incarico. Ma in “Fratelli d’Italia” c’è la sensazione che tutto sarà più facile quando i tempi stringeranno e gli eletti sentiranno la pressione.

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