Il piano di privatizzazioni da 20 miliardi di dollari della Meloni in Italia

Il piano di privatizzazioni da 20 miliardi di dollari della Meloni in Italia

Il piano è chiaro: Privatizzare il più possibile rinunciando alle quote di minoranzaMa dove lo Stato italiano continuerà a mantenere il controllo sulle imprese a partecipazione pubblica.

È la strategia che i media d’oltralpe hanno descritto nei giorni scorsi riguardo all’operato del governo Georgia MeloniAttraverso il Ministro dell’Economia, Giancarlo GiorgettiPer ottenere 20mila milioni di euro nei prossimi tre anni. Equivale a “1% del Pil italiano”, come confermato dal ministro dell’Economia.

In quali aziende il governo italiano può attuare il piano di privatizzazioni? Le principali aziende che possono risolvere comodamente la situazione sono quattro aziende: Energia EniCompagnia postale Poste Italiane, Ferrovia delle statue E la compagnia aerea Compagnie aeree dell’ETAtra le altre cose.

Si tratta di un gruppo che, insieme ad altre società di partenariato pubblico, è il più grande datore di lavoro del Paese con quasi mezzo milione di lavoratori. Cosa rappresenta? Il 30% del capitale del mercato azionario italianoCon Eni e In esso Alla testa. Il Paese transalpino ha quindi una presenza significativa nell’economia italiana.

Una delle risorse più importanti per le privatizzazioni previste dall’esecutivo di Roma è l’azienda postale del Paese: Poste Italiane.

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Il governo transalpino sta studiando questa possibilità Assegnazione tra il 10% e il 20% dell’enteChe preserva più di 300 miliardi di euro di risparmio italiano.

Un processo che potrebbe consentire al Primo Ministro di ottenerne qualcuno 2,5 miliardi di euro. Se pensiamo di vendere circa il 30%, ciò significa ottenere 4.000 milioni di euro e mantenere più del 50% delle azioni, cioè circa 1.600 milioni di euro.

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Sulla base delle informazioni pubblicate nei giorni scorsi dai principali media nazionali, il ministro dell’Economia per conto del governo italiano sta studiando la possibilità di trasferire nelle mani del settore pubblico una parte significativa del contributo, anche se dovesse scendere al 35%. , che è il massimo consentito, il che renderebbe più semplice per lo Stato italiano mantenere il controllo sulla società, ma solo indirettamente.

“I gioielli della corona sono utili adesso”, ha recentemente spiegato il quotidiano progressista italiano. Repubblicasottolineando che l’esecutivo italiano agisce “senza alcun tipo di desiderio o fretta di vendere a un prezzo inferiore al suo valore reale, ma con la consapevolezza che l’appetito del mercato si sta appena formando. In generale, le vendite possono arrivare 5 miliardi di euro “Già nel 2024.”

Gioielli della corona

Poste Italiane si è rivelata tale Una delle aziende più attraenti sul mercato Perché contiene previsioni di crescita. La quota pubblica attualmente supera il 60% del contributo.

Fiore all’occhiello è anche la storica azienda energetica Eni, dove il punto principale di una fruttuosa vendita non sta tanto nell’entità della quota di partecipazione pubblica, che è circa il 34%, ma nel relativo utile, in termini di liquidità.

In altri termini, assicurando il controllo generale dello Stato italiano con il 30% delle azioni, e cedendone il 4%, il governo transalpino potrebbe ottenere complessivamente più del 2 miliardi di euro.

Altre due società che sarebbero disposte a partecipare al piano di privatizzazione del Primo Ministro italiano sono legate al settore dei trasporti.

Giorgia Meloni, Primo Ministro italiano, durante una conferenza stampa.

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Reuters

Ferrovie dello Stato possono ottenerne una parte 10 miliardi di euro Rinunciare alla sua quota agli investitori privati.

Dal canto suo, la compagnia aerea transalpina ETA Airways può cedere la sua quota del 41% a Lufthansa, ma dovrà prima attendere il via libera della Commissione europea a riguardo. Questo è qualcosa che potrebbe accadere, secondo i media italiani, ma non prima della prossima estate.

Una nuova ondata di privatizzazioni

“Le migliori privatizzazioni del passato sono state quelle in cui lo Stato italiano ha fatto un passo indietro, come nel caso di Eni, Enel, Leonardo o Fincantieri”, ha affermato l’ex direttore dell’azienda italiana Eni. Corriere della SeraFerruccio De Bortoli ha affermato, in un articolo d’opinione apparso sulle pagine di un noto quotidiano italiano, che questa strategia “era sufficiente per non perdere il controllo”.

E aggiunge: «Dopo trent’anni il governo è obbligato a una nuova stagione di privatizzazione di quanto resta a disposizione. Non è una cosa facile, come nel caso delle azioni Eni, Poste Italiane o Ferrovi dello Stato».

“Ora inizierà una nuova stagione di privatizzazioni”, ha aggiunto Sarà completamente diverso da quello iniziato alla fine degli anni Novanta Continuò per un decennio. “Gli obiettivi erano ridurre il debito, rispettare gli standard europei e liberalizzare sempre entro le regole fissate dall’Europa”, spiega Andrea Bassi, giornalista economico del quotidiano romano. Il Messaggero.

“L’attuale piano di privatizzazioni nasce anche dall’esigenza di ridurre il debito, come una delle promesse che Giorgia Meloni ha fatto ai mercati. Ma il processo oggi è diverso, perché di fatto si concentra non sulla perdita del controllo, ma sulla cessione quote di minoranza», rivela Bassi. “È un segnale importante” per i mercati, in un contesto in cui la crescita economica del Paese potrebbe essere inferiore all’1% nel 2024.

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“Negli ultimi anni lo Stato italiano ha aumentato notevolmente il suo coinvolgimento nell’economia e nelle imprese”, spiega il giornalista Bassi, specializzato in questioni finanziarie. “Si tratta di un fenomeno non solo italiano, ma anche europeo, causato dall’epidemia tra tutte, la successiva guerra in Ucraina, dove tutti i paesi cercarono di mantenere il controllo su parti delle loro economie.

Ma questo non spiega solo il processo di partecipazione pubblica all’economia italiana, poiché bisogna tenere conto di un altro fattore, che è quello politico.

Nel 2019, “prima dello scoppio della pandemia”, spiega Andrea Passi, “l’allora presidente del Consiglio, Giuseppe ConteChi ha poi guidato la coalizione nata dall’unione tra Anti-establishment “Il Movimento 5 Stelle (M5E) e la lega populista di Matteo Salvini si sono presentati al World Economic Forum di Davos con l’idea di rinnovare il coinvolgimento dello Stato nell’economia, attraverso un nuovo processo di nazionalizzazione”.

Ciò, già allora, “incoraggiava lo Stato italiano a impegnarsi fortemente nelle società quotate in borsa”.

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