La Commissione Europea ha chiesto ufficialmente agli Stati membri di riadattare la loro politica fiscale dal 2024 in modo che il deficit pubblico raggiunga il suo obiettivo massimo del 3% del PIL. L’obiettivo di Bruxelles è che i partner riequilibrino gradualmente i loro conti per ridurre i livelli di debito che hanno raggiunto livelli insolitamente alti dopo le crisi economiche causate da Covid-19 e l’escalation dei prezzi. Tuttavia, questo obiettivo richiederà tempo per essere raggiunto. La Spagna, che ha chiuso il 2022 con debiti prossimi al 115% del Pil, non riuscirà a far scendere il rapporto al 100% in almeno un decennio, anche se farà i suoi compiti.
Le previsioni sono raccolte in uno dei capitoli dell’ultimo numero di Documenti di economia spagnoli, documento redatto dalla Corporazione delle Casse di Risparmio (Funcas). In esso, gli autori calcolano gli sforzi finanziari che sarebbero necessari per raggiungere vari obiettivi di debito. Nello specifico sono stati stimati tre scenari: un debito pubblico del 60% del PIL, un altro dell’80% e un altro del 100%. Il primo è quello contenuto nelle attuali regole fiscali della società, attualmente congelate per consentire ai governi di ricorrere alla spesa pubblica. Gli autori sottolineano che gli altri due scenari “mancano di supporto normativo”, ma potrebbero servire come base per una graduale riduzione dello squilibrio fiscale.
Il documento, firmato da Raquel Lorenzo e Javier Perez, della Banca di Spagna, e Diego Martínez López, dell’Università Pablo Olavid e Vidia, analizza la situazione delle principali economie europee tenendo conto dei loro rapporti di indebitamento attuali e medi. Saldi pubblici primari. Nel caso della Spagna, poiché il deficit è attualmente intorno al 4%, lo “scenario più probabile” consisterebbe in una riduzione del debito al 100% del PIL nei prossimi dieci anni. Ciò sarebbe possibile perché significherebbe uno “sforzo finanziario fattibile”.
Altri obiettivi più ambiziosi possono essere direttamente esclusi, poiché la loro realizzazione richiederebbe “surplus finanziari di entità sconosciuta nella prospettiva storica”.
Ad esempio, se la Spagna volesse ridurre il debito al 60% del PIL entro cinque anni, avrebbe bisogno di un saldo fiscale positivo compreso tra l’8% e il 9%. Da parte sua, per raggiungere questo obiettivo in due decenni, sarebbe necessario un saldo dell’1,3% del PIL. L’altro obiettivo, un debito che assume l’80% del PIL, richiederebbe un surplus del 5% in cinque anni e un altro del 2% per raggiungerlo in un decennio.
Tuttavia, la situazione in Spagna non è unica in Europa. Francia e Italia, che neanche “nell’ultimo decennio” hanno raggiunto un saldo generale positivo dal punto di vista strutturale, impiegheranno molti anni anche per riequilibrare i propri conti pubblici, che anche in questo caso invertiranno sicuramente la tendenza del deficit.
In ogni caso, sottolineano gli autori, “Qualsiasi consolidamento fiscale nei prossimi anni richiederà un’azione decisa sul versante delle entrate e della spesa pubblica”. Il dibattito sarà condizionato anche dalle nuove regole fiscali che Bruxelles concorda con i partner, nonché dalle condizioni che le capitali hanno per riorientare i propri bilanci pubblici.
Tuttavia, gli autori ricordano che il contesto attuale offre una certa opportunità per avviare questo processo di riorientamento finanziario, nella misura in cui consente di ricevere fondi europei nei prossimi anni per sostenere gli sforzi di investimento delle pubbliche amministrazioni e aumentare la crescita. potenziale dell’economia spagnola.
Autonomia
Tra le misure che la Spagna dovrebbe adottare per ridurre il proprio livello di indebitamento c’è la riforma del sistema di finanziamento regionale, inattivo da quasi un decennio. È una delle altre conclusioni del documento preparato da Funcas, in cui si sostiene che una potenziale riforma potrebbe aumentare la sufficienza fiscale delle comunità per aiutare a ridurre il loro debito. In questo caso, il capitolo è firmato da Jorge Unrubia e Jesus Sanchez Fuentes, dell’Istituto Complutense di Studi Internazionali e Fedea. Secondo i dati forniti da Funcas, l’indebitamento combinato delle comunità autonome era del 6,7% del PIL nel 2008 ed è salito al 25,9% del PIL nel 2021.
“La continua crescita del debito pubblico accumulato dalle comunità autonome dal 2009 è diventata un problema di prim’ordine che minaccia la sostenibilità finanziaria del sistema autonomo e, quindi, la sostenibilità del Paese nel suo insieme”, precisa il documento, che incide anche sull’inefficienza nella gestione della spesa pubblica. A questo punto, gli autori propongono l’istituzione di un meccanismo di stabilizzazione finanziaria che integrerebbe il futuro sistema di finanziamento regionale, in particolare per mitigare le fluttuazioni del reddito fornito dalle comunità.
Segui tutte le informazioni per cinque giorni In FacebookE Cinguettio E linkedino dentro Il nostro bollettino Agenda di cinque giorni
“Appassionato di musica. Amante dei social media. Specialista del web. Analista. Organizzatore. Pioniere dei viaggi.”