Acero Gelsomino Valdez
Prelos
Non mi verrebbe mai in mente di dire che in Argentina non possiamo permetterci di continuare a occuparci degli stranieri che necessitano di cure, cure o emergenze nei nostri ospedali pubblici.
C’è la sensazione umana che non dovremmo mai arrenderci.
Ma quello che mi addolora è che l’argentino – come il nativo di Salta che viaggiava in moto con i suoi amici in Bolivia – non ha ricevuto cure decenti in quel Paese durante la sua sofferenza.
Soprattutto, tenendo presente che prevalevano (come sottolineato) ragioni economiche, che è una priorità – a dire il vero – abbiamo anche sentito che è stata sollevata più volte dai distretti contabili di alcune cliniche private argentine come condizione necessaria prima fornire assistenza o ricovero.
Dov’è finita l’umanizzazione della professione medica?
Dov’è il giuramento di Ippocrate dei professionisti medici?
Nel caso di quanto accaduto in Bolivia, va tenuto presente che è stato firmato un accordo di cooperazione in materia sanitaria tra Argentina e Bolivia che prevede “la garanzia di cure gratuite e tempestive per situazioni urgenti e di emergenza che colpiscono i cittadini di un Parte che si trova nel territorio dell’altra Parte, indipendentemente dal suo status di immigrato.
Insomma, l’accordo è stato violato.
A questo punto, l’ambasciatore argentino nel Paese confinante e il ministero degli Affari esteri argentino dovrebbero agire con determinazione nella ricerca di spiegazioni e riparazioni per tale violazione inaccettabile.
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