Dopo una settimana di proteste locali in tutta Italia, il Movimento Nazionale per la Pace ha chiesto la vittoria questo sabato a Roma è stato un successo. Nonostante l’appello di quattro giorni prima, nonostante la lotta politica attorno ai punti dell’appello, hanno partecipato circa 50.000 persone, con una forte presenza di sindacati come la Federazione Generale Italiana dei Lavoratori (CGIL, per le sue iniziali in italiano). E studenti e organizzazioni sociali e comunitarie come ARCI, e molte organizzazioni politiche di sinistra, autobus che arrivano a Roma da diverse parti del Paese.
La discussione precedente sugli slogan dell’appello non è stata da poco, infatti la Cisl, una delle federazioni sindacali, ha deciso di non aderire alla bocciatura perché non d’accordo nel mettere in discussione il ruolo della Nato e del militarismo europeo. La reazionaria invasione russa dell’Ucraina.
Anche vari centri sociali e la sinistra romana hanno giocato un ruolo chiave nella manifestazione, unendosi sotto lo slogan “Non con la Nato né con Putin”, che, nonostante la propaganda mediatica delle potenze imperialiste della Nato, ha avuto molte ripercussioni. All’interno delle diverse colonne del corteo. Anche contro i partiti politici tradizionali ei dirigenti sindacali burocratici, hanno scelto una mobilitazione che non metteva in discussione l'”atlantismo” italiano, ma piuttosto la mobilitazione pro-NATO.
Gli ultimi discorsi dal podio della tumultuosa Piazza San Giovanni sono stati in gran parte in nome di un appello democratico alla pace, con quasi altrettanta fiducia nel potenziale ruolo progressista del governo italiano, dell’Unione Europea e dell’ONU.
È stato il caso del segretario generale della Cgil Mauricio Landini, che ha nuovamente sollevato la questione della pace con il Papa (ora addirittura “leader onorario del lavoro”) ed è stato molto vago sul ruolo dell’intervento “in situ”. Potrebbe essere. Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite in Ucraina Cioè, quale sarebbe la possibilità di inviare truppe di “mantenimento della pace”, cosa che non è stata dichiarata nella marcia di sabato.
“Non credo che inviare armi e fermare la guerra sia il problema oggi. Non è così, è diplomazia. Penso che l’ONU dovrebbe andare in Ucraina per il suo ruolo. Ed essere al tavolo dei negoziati. Ci stiamo muovendo verso un domani migliore “.
La boccata d’aria fresca è arrivata dall’intervento di due giovani rappresentanti della rete “No War Roma” e del nuovo movimento studentesco romano “La Luba”, che hanno denunciato sia il ruolo del governo russo che il militarismo della Nato. I paesi stanno seminando conflitti in tutto il mondo e reprimendo violentemente i movimenti sociali interni di ogni paese. Inoltre, hanno indetto uno sciopero generale contro la guerra, indetto principalmente dalla CGIL, e hanno investito nella partecipazione attiva allo sciopero femminista internazionale dell’8 marzo.
La marcia di questo sabato è diventata il primo grande evento nazionale ad intensificare la lotta contro la rinascita del militarismo, inviando massicce armi al governo Gelensky contro la guerra indiretta tra NATO e Russia per il ritiro immediato delle truppe russe dall’Ucraina e la questione dell’indipendenza e della autodeterminazione L’uso di mezzi non militari, come altrove in Ucraina.
Questa è una traduzione rivista di un articolo originale pubblicato in italiano
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